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di Sergio Gambitt19

# 3  -  Guerra! 1 (di 2)

Tanto va la gatta al lardo...

 

Notte.

Un ufficio quasi spoglio. Una scrivania illuminata solo da una lampada alogena, la cui luce riempie le pareti di ombre spettrali. Una donna dai capelli bianchi seduta davanti ad uno schermo acceso. Un floppy disk nel PC. Dita corrono esasperate sulla tastiera. Caratteri alieni privi di alcun significato per la donna scorrono incessantemente sul monitor. Gli unici simboli comprensibili sono la ripetizione continua della sigla NBM e dei numeri 115/38. Al lavoro sul testo vi sono i migliori programmi di decodificazione sul mercato nero, ma non sembrano ugualmente dare risultati. Anche l’ultimo tentativo finisce con un nulla di fatto. In preda ad un attacco isterico la donna scaraventa violentemente a terra tutti gli oggetti della scrivania, eccezion fatta per il PC. Penne e matite si sparpagliano per tutto il pavimento, tra i pezzi di un mappamondo e di un vaso appena rotti. Quindi, respirando pesantemente per mantenere la calma, torna a pensare ad un modo per decifrare quel testo. Deve riuscire a riflettere come il creatore del codice, capire i livelli in cui queste informazioni sono divise. Innanzitutto c’è una divisione di base. Solo una sigla e dei numeri sono comprensibili a tutti, mentre il resto deve essere rivolto a persone ad un più alto standard di segretezza. E’ da questo che si deve partire. NBM è una sigla che non ha mai incontrato, ed anche con una ricerca concatenata tra il suo archivio ed Internet non ha trovato niente di particolarmente interessante che la riguardi. I numeri invece, sono quelli che la fanno più riflettere. Mentre una sigla può fungere da denominazione, e quindi definire l’oggetto di cui si sta trattando, dei numeri sono qualcosa in più. Qualcosa che deve fornire informazioni. Qualcosa come…

I suoi occhi vengono catturati dai cocci del mappamondo per terra. Pezzi di un puzzle che racchiudono il mondo all’interno di uno schema. E lo schema, è formato da linee!

Torna allo schermo ed apre una gigantesca mappa del mondo. Dati: Longitudine=115°, Latitudine=38°. Il programma seleziona quattro punti. I primi due cadono rispettivamente nell’Oceano Indiano e nell’Oceano Pacifico. Il terzo cade poco lontano da Pechino, in Cina. L’ultimo si trova in Nevada, in pieno deserto. Una piccola scintilla gialla balena nell’occhio della donna. Sulla sua bocca compare un sorriso. Ti ho trovato.

Due giorni dopo.

Un camion accosta sul ciglio di una lunga strada che percorre l’arido deserto del Nevada. La portiera destra si apre e ne esce una bellissima ragazza dai capelli bianchi, vestita con pantaloncini jeans molto ridotti e un top fucsia.

"Sicura che è proprio qui che vuoi essere lasciata, Felicity?"

"Si, Bullsarm," risponde lei sorridendo e mettendosi un cappello nero con la scritta NYC "ormai dovresti aver capito che me la so cavare molto bene anche da sola."

"Bhe, sicuramente l’avrà capito quel caprone di Ankle Sam. Dopo il tuo trattamento dubito che per almeno un mese potrà andare in bagno senza imprecare contro tutti i santi del Paradiso!"

"Mi ha detto che sono uno schianto!"

"Bhe, è vero!"

"E’ stato il tono con cui l’ha detto…"

"Ok, ok!" risponde il camionista sorridendo "Che posso dirti, mi mancherai e mi mancheranno le tue risse!"

La ragazza entra nell’abitacolo per prendere il grosso zaino, poi si allunga per dargli un bacio sulla guancia.

"Sei un bravo ragazzo, Doogie."

Quindi i due si salutano e il camion riparte. La ragazza si volta a guardare la strada sterrata e quasi invisibile che si inoltra per qualche miglio all’interno del deserto. Infine Felicia Hardy indossa lo zaino e si mette in marcia.

Cala la notte.

Una ragazza vestita con un attillato costume nero e dei lunghi capelli bianchi al vento sta camminando nella desolazione del deserto del Nevada.

Chi ha mai detto che i serpenti non sono animali buoni? Fatti allo spiedo con un po’ di ketchup sono ottimi! Basta solo ricordarsi di togliere il veleno… Peccato non poter tenere la pelle…avevo giusto bisogno di una cintura nuova! E che gli animalisti non rompano, non sono mica stato io ad attaccarlo! Uff…almeno ha fornito un diversivo in questa giornata monotona. A camminare per ore nel deserto sotto un sole cocente va a finire che ci si annoia…non succede mai niente! E ancora dell’installazione militare segreta che devo raggiungere non c’è traccia. Chi me l’ha fatto fare di venire qui…

Felicia Hardy si ferma a riflettere per un secondo.

…sì ok, i trentamila dollari promessi sono sicuramente un buon motivo, però…

Rumori e luci di auto in arrivo la distolgono dai suoi pensieri. Il suo corpo atletico scatta sul bordo della strada sterrata, e si accovaccia in una concavità naturale. Il costume nero fa il resto, impedendo alle luci dei camion militari in arrivo di scoprirla. Da lì sotto la Gatta Nera vede passare tutto il convoglio, che procede ad una velocità piuttosto limitata. Arrivato l’ultimo camion Felicia salta in avanti verso la sua fiancata estraendo gli artigli lucenti. Il metallo del camion viene forato in dieci punti diversi come se fosse burro, e Felicia accenna un sorriso. Poi si dà lo slancio con le braccia e salta sul tetto.

All’interno dell’abitacolo l’autista si rivolge al soldato accanto a lui, intento a sfogliare una rivista per soli adulti.

"Hai sentito quel tonfo, Dick? Cosa può essere stato?"

"Sarà il nostro –inquilino- che comincia ad agitarsi, Bruce." risponde l’altro senza alzare lo sguardo dalla rivista "Fai come me, preoccupati solo delle belle donne che potresti incontrare."

Bruce accenna un sorriso. Dick gira un’altra pagina.

Sul tetto del camion, Felicia Hardy si distende ad osservare le stelle, in attesa di arrivare alla base militare.

Mezz’ora dopo.

Ha avvistato le luci dell’installazione cinque minuti fa, e da tre sta scrutando con le sue lenti telescopiche in modalità notturna tutte le possibili soluzioni per entrare non vista. Ha già selezionato cinque opzioni piuttosto positive, se si hanno le dimensioni, l’agilità e la velocità di un gatto. A Felicia mancano le prime, ma ha altri assi nella manica. Al cancello si appiattisce sul tetto del camion, per evitare di essere scorta dai soldati nella cabina di controllo. Poi il camion riparte verso lo spiazzo centrale, illuminato a intervalli regolari da un faro su una torretta. Quello è un pericolo. In pochi istanti Felicia studia il suo percorso, poi si guarda intorno per focalizzare bene una palazzina che aveva scorto da fuori. Quindi con un tempismo strabiliante salta dal tetto del camion subito prima essere inquadrata dalla luce. Mentre ancora è in volo aziona il rampino del polso destro, che va a conficcarsi sul terrazzo della palazzina. Sfruttando lo slancio della corda Felicia si lancia verso il balcone sottostante, controllato ad un angolo da una telecamera fissa e all’altro da un soldato. Con una coordinazione perfetta piroetta sopra la telecamera e vi piazza un distorsore di immagine. Nella sala controllo, quella telecamera comincia a trasmettere a ripetizione gli ultimi tre secondi di registrazione. Nello stesso tempo la Gatta Nera atterra sofficemente sul balcone, e comincia a correre verso il soldato. Nonostante le suole anti-rumore il ragazzo avverte ugualmente qualcuno in arrivo e si gira. Senza fermarsi Felicia alza il polso sinistro e, mirando al suo collo, spara un dardo soporifero. Il bersaglio non ha nemmeno il tempo di reagire, ma si accascia al muro addormentato. Felicia si lancia su di lui e crollano entrambi a terra, subito prima che il faro passi ad illuminare il balcone.

"Giù le mani, bell’addormentato, sono una donna seria io." sussurra la Gatta Nera rialzandosi. Quindi dedica la sua attenzione alla porta a vetri che dà negli uffici interni. Nessun filo è attaccato al vetro. Bene, hanno evitato di collegare dei rilevatori di movimento, pensa. Con i forti venti che soffiano da queste parti non sarebbe stato conveniente. Le lenti però le rivelano un sistema di infrarossi paralleli, ognuno a 20 cm dall’altro. Sfruttando questo spazio, estrae l’artiglio dell’indice e comincia ad armeggiare con la serratura della porta. Dopo averla forzata, la spinge in avanti. Quindi tira fuori da uno stivale delle bacchette metalliche legate a degli specchietti, e prepara un rettangolo di circa 15 cm di altezza. Sistemandolo su appositi trampoli alti 20 cm esatti, lo accosta al raggio più basso. Con un movimento veloce lo inserisce lungo la traiettoria del raggio, che viene riflesso dal primo specchietto a quello superiore, che poi lo devia prima verso uno ad esso parallelo e poi all’ultimo, il quale a sua volta conduce al sensore opposto. Il tutto senza interrompere il raggio, e quindi senza far scattare l’allarme. La Gatta Nera sorride e si appiattisce a terra per scivolare sotto i 35 cm di spazio che si è guadagnata. Una volta dentro si rialza e riaccosta la porta. Non le fanno più le basi militari di una volta, pensa Felicia, e poi, guardando il proprio fondoschiena, si complimenta mentalmente per l’ottima performance. Quindi torna furtiva ad occuparsi del suo incarico. Già…il suo incarico. La sua datrice di lavoro le ha solo detto di fare un giro di perlustrazione e di scoprire di cosa esattamente si occupa quella base. Come se fosse facile penetrare in una zona militare in pieno periodo di teorie della cospirazione, pensa la Gatta. Ultimamente sono diventati tutti paranoici, e noi poveri ladri dobbiamo soffrire il doppio per svolgere bene il nostro lavoro! Ma basta lamentarsi, ho un compito da svolgere…

Felicia si avvicina alla porta interna e vi fa scivolare uno specchietto da dentista sotto per vedere cosa succede al di fuori. C’è un lungo corridoio bianco illuminato da grosse lampade al neon, e solo all’angolo una telecamera di sorveglianza ruotante. Con un artiglio forza anche questa porta, poi comincia a contare gli intervalli di copertura dalla telecamera, e all’inizio di uno di questi esce fulminea dalla porta e rotola proprio sotto di essa. Rialzandosi però si accorge di aver lasciato la porta aperta. Negli ultimi istanti prima che la telecamera torni ad inquadarla lancia il rampino e tira con forza. La porta si chiude con un botto, e il rampino viene subito riavvolto. Felicia resta immobile per qualche istante…non succede niente. Dio ringrazi chi ha inventato le telecamere a circuito chiuso senza sonoro, pensa. Poi comincia a guardare le porte del nuovo corridoio. Stranamente, non sono contraddistinte da nomi, ma dai gradi. Sfruttando di nuovo l’intervallo di rotazione della telecamera la Gatta Nera corre verso quella di grado più alto, la forza, entra dentro e la richiude alle sue spalle. Poi si concentra verso la stanza. L’arredamento è piuttosto spartano. Una scrivania con relativa sedia e qualche utensile sopra, un archivio piuttosto semplice da scassinare, una trita-documenti, una fotocopiatrice…una fotocopiatrice?! E perché mai dovrebbe trovarsi in questo ufficio?! In fondo non sono mica i generali a preoccuparsi della burocrazia, no?

Felicia si avvicina alla fotocopiatrice e nota dei segni sul pavimento che indicano piuttosto chiaramente che è stata mossa. Seguendo il percorso inverso, la sposta di lato. Dietro di essa una cassaforte.

"Un altro centro, bimba." si dice da sola sorridendo.

Con uno scatto sguaina gli artigli e li avvicina al freddo acciaio. Poi, con la precisione di un chirurgo durante un’operazione a cuore aperto, traccia un cerchio attorno alla manopola della combinazione. Il cilindro d’acciaio rinforzato viene fuori come se fosse fatto di burro. E’ proprio vero, pensa la Gatta, l’adamantio è il migliore amico di una donna.

In quel momento la maniglia della serratura scatta. Colta alla sprovvista Felicia afferra alcuni documenti da dentro la cassaforte e si nasconde dietro l’archivio, prima che un raggio di luce illumini la stanza. A produrlo è una piccola ma potente torcia elettrica, in mano ad una figura indistinguibile, che entra con circospezione nell’ufficio. Una guardia, pensa Felicia, e vedendola avvicinarsi alla cassaforte si lancia all’attacco, contando di tramortirla in pochi istanti. La figura invece si gira appena in tempo per parare il colpo e ricambiare con un calcio ai fianchi, che scaraventa la Gatta Nera contro la scrivania.

"Allora vuoi il gioco duro…" dice Felicia, e sguainando gli artigli di adamantio si getta nuovamente contro l’avversario. Questa volta però non riesce a coglierlo alla sprovvista, e si sente afferrare per un braccio e gettare contro la porta. Ma nello stesso tempo Felicia riesce ad aggrapparsi al suo rivale, ed entrambi colpiscono la porta, che sotto tutto questo peso va in mille pezzi. La Gatta Nera atterra in piedi nel corridoio, e si rialza immediatamente per tramortire l’avversario che si sta sollevando più avanti. Improvvisamente le mura si colorano di rosso e in tutta la base comincia a risuonare l’allarme. Sia la Gatta Nera che il suo avversario imprecano all’unisono, e in preda alla rabbia Felicia si lancia per finire il lavoro. Questa volta però viene interrotta a mezz’aria da un pugno nell’addome, che le toglie il respiro e la fa cadere a terra. Poco ma sicuro, pensa Felicia dolorante, ma questo qui sa combattere. Quindi sente qualcosa di metallico che le preme contro la tempia. E’ un mitragliatore semi-automatico da braccio, al collo di una donna vestita con una tuta nera attillata. La sua pelle è di un bianco innaturale, mentre sull’occhio destro spicca un ovale nero tatuato, che richiama il nero dei capelli, tagliati cortissimi.

"Se hai finito con i tuoi inutili tentativi di farmi fuori," dice la donna "gradirei che mi portassi dal capo della baracca."

Nello stesso tempo dal fondo del corridoio cominciano ad accorrere i primi soldati. La Gatta Nera approfitta dell’attimo di distrazione dell’altra donna per togliersi di dosso il mitragliatore e tentare la fuga nell’unico modo possibile: levando di mezzo tutti quei militari. Incredibilmente, anche l’altra donna, pur essendo stata privata del mitragliatore, comincia a combatterli a mani nude.

"Attacchi i tuoi stessi alleati adesso?!" grida l’altra, piazzando un calcio nell’addome ad uno di loro.

"Io?! A dire il vero pensavo che tu stessi dalla loro parte!" risponde la Gatta Nera, riducendo a fette un mitragliatore con i suoi artigli.

"Oh no!" ribatte la donna, usando il petto di uno dei soldati come scudo e contemporaneamente falciandone altri con la sua arma "Vuoi dire che siamo dalla stessa parte?! Cavolo di solito sono più fortunata!"

"Dovresti sapere che le gatte nere portano sfortuna no?!" risponde Felicia piroettando tra due fuochi incrociati "Ci vai giù piuttosto pesantemente, vedo!"

"Fidati, loro non avevano in mente niente di meglio per noi!" grida la donna schivando l’attacco di un soldato armato di coltello alle sue spalle "Così tu saresti la famosa Gatta Nera. Hai una certa reputazione nell’ambiente dei ladri."

"Ah sì? E chi lo dice?!" chiede la Gatta Nera spezzando con due calci ben assestati le gambe a due avversari.

"Puoi chiamarmi Domino!" risponde la prima donna ficcando una bomba a mano senza la sicura dentro il corpo crivellato di colpi del soldato che usava come scudo e lanciandolo sui suoi compagni.

"Uh? Cosa stai facendo?" dice Felicia fermandosi per un istante.

"Sto risolvendo i nostri problemi…SALTA!" e Domino si getta con il suo corpo su una Felicia ancora bloccata, proteggendola dall’esplosione. Quando le fiamme si diradano Domino si alza e prende a cercare per terra armi ancora funzionanti, mentre la Gatta Nera ancora non riesce a credere a quello che è successo.

"Hai…hai…?" tenta di dire.

"Sì, ho. E faremo meglio a sbrigarci a togliere il disturbo, se non vuoi vedere ripetuto un numero del genere." risponde Domino piuttosto sbrigativa. "Vieni con me."

"Ma li hai uccisi a sangue freddo!"

"O loro o noi! Hai visto anche tu che erano troppi e che ci avrebbero sopraffatte prima o poi, senza contare che stanno arrivando altre unità. Allora, vuoi continuare a farti scrupoli adesso o preferisci sopravvivere per poterteli fare in futuro?"

La Gatta Nera resta a fissare Domino per qualche istante in preda alla rabbia, poi la sua espressione torna ad essere risoluta.

"Andiamo."

Domino guida Felicia per alcuni corridoi, fino a giungere in un vicolo cieco.

"Ed ora?" esclama la Gatta.

"Stacca la grata del condotto di aerazione."

"Cosa?! Ma è il trucco più vecchio del mondo! Ci rintracceranno subito lì!"

"Fallo!"

Felicia comincia di malavoglia ad allentare le viti della grata, mentre osserva con la coda dell’occhio Domino che armeggia su un tubo verticale.

"Ascolta," esordisce Domino "il tuo costume è isolato termicamente?"

"Sì, lo è."

"Allora questo ci permetterà di restare circa trenta secondi nel tubo di refrigerazione, prima di andare in ipotermia. In tempo per raggiungere il piano di sotto. Te la senti di rischiare?"

Felicia ripensa a quanto successo prima. Dovrebbe fidarsi di una che senza pensarci due volte ha fatto fuori una dozzina di uomini dello Zio Sam? D’altra parte però quella è la stessa persona che subito dopo l’ha salvata dall’esplosione. Inoltre ha già dimostrato di essere più esperta di lei in questo tipo di operazioni. Tuttavia…

"Ok, ci sto."

Domino annuisce, comprendendo quale fiducia Felicia le stia accordando. Quindi dice solo:

"Andiamo allora, scendi prima tu."

Sapevo che me ne sarei pentita, pensa la Gatta Nera.

 

Continua…

 

 

Note dell’autore: Felicia Hardy è bellezza. Felicia Hardy è grandi doti atletiche. Felicia Hardy è tecnologia. Ma è anche qualcosa di più. Felicia è il simbolo di quella grandeur puramente americana tipica di grandi kolossal come Indipendence Day o Armageddon, pieni di spettacolari effetti speciali e contemporaneamente all’insegna dell’(auto?)ironia. Da questo genere ho tratto spunto per definire il clima della prima parte del suo incontro/scontro con Domino, e per rendere in pieno il fascino del personaggio. E poi, cavolo, è la Catwoman di casa Marvel!

Come al solito commenti, suggerimenti o insulti a: gambittolo@hotmail.com.

PS: scusami Garth, per averti rubato una battuta!;)

Nel prossimo numero: cosa ci fa Domino nella base militare? Cosa succede veramente in quella base? Inoltre, l’entrata in scena di un perfido villain!